La poesia dimenticata: Marceline Desbordes-Valmore

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Non ricordo bene come venni a conoscenza di questa poetessa ma vi sono dei suoi versi che mi sono rimasti nel cuore e desidero condividerli con voi. Ancor più perché la poesia non fa rumore, soprattutto quella scritta da mani di donna, e in Italia, si sa, ci abituano a non cercare bellezza oltre i nostri miseri confini.


La memoria – Marceline Desbordes – Volmore (trad. Maria Luisa Spaziani)

Taci, sorella, ché il passato brucia.
Taci il suo nome, ché il suo nome è lui.
Ostinarsi sui beni perduti
è come andar con l’onda che ripiega.
Quel nome che mi è ardore e mi è dolcezza
quel nome, quando appena ora mi tocca,
come un fuoco mi avvampa nella bocca.
Sorella, non parlare.

Vedi, da donna, un cuore di donna
in fondo ai nostri occhi costernati:
a spegnersi alla fine condannati,
troppa febbre la fiamma se ne porta.
Di questo male la tortura forte
inflessibile l’uomo a lungo regge,
e se ci vieta, con spietata legge,
la sofferenza, ci concede morte.

Come conosce, lui, l’amara scienza
di offrir menzogne anche al suo stesso amore;
quanta furia lo nutre, e che rancore
contro il suo antico idolo s’inventa.
Come c’investe, a volte, l’aspro fiato
del suo odio… se nel suo delirio,
perché non me ne offrisse Dio vendetta,
ad alta voce non l’ho mai gridato.

Ché per lui verso, inesaurita fonte,
un pianto che somiglia a una preghiera;
in essa amore a carità si fonde
che dell’amore è la radice vera.
Che fede ti vibrava nell’accento,
giovane voce subito spergiura!
Ne parlo a Dio e taccio il tradimento
perché ti ami quanto t’amo io.

La fresca impronta m’è rimasta in cuore
di ciò che il suo candore un tempo è stato.
E quando Dio peserà il mio cuore
quel vuoto eterno, insieme, avrà pesato.
Non è più lui, nemmeno ai propri occhi,
e chi ha avuto il suo omaggio s’è ingannato.
Lo compiango: ma solo un giorno, in cielo,
gli ridarò il bel viso ritrovato.


Marceline Desbordes-Valmore (Douai, 20 giugno 1786 – Parigi, 23 luglio 1859), è figlia d'”arte” di Catherine Lucas e Félix Desbordes, pittore di stemmi, poi cabarettista a Douai alla fine della Rivoluzione Francese. Nel 1801, parte per la Guadalupa con sua madre, e inizia la sua carriera artistica come attrice.Nel maggio del 1802 la madre di Marceline muore di febbre gialla e nel settembre dello stesso anno Marceline fa ritorno in patria, dove recita in teatro a Lille e a Douai. Inoltre, si esibisce come attrice e cantante all’Opéra-Comique e al Théâtre de la Monnaie a Bruxelles, nel ruolo di  Rosina per Il barbiere di Siviglia di Beaumarchais ed è protagonista in più drammi di Pigault-Lebrun.marceline

Dal 1808 al 1810 ha un avventura amorosa con colui che chiamerà Olivier nelle sue poesie, dal quale avrà un figlio che morirà al quinto anno di età. Nel 1817  si sposa con l’attore Prosper Lanchantin, detto Valmore.

Nel 1819 pubblica la sua prima raccolta di poesie, Élégies, Marie et Romances, che attirerà l’attenzione del Journal des dames et des modes, l’Observateur des modes e della Muse française. A queste seguono le pubblicazioni del 1824 Élégies et poésies nouvelles, del 1833 Pleurs, del 1839 Pauvres fleurs e del 1843 Bouquets et prières.  Nel 1833, pubblica un romanzo autobiografico dal titolo L’Atelier d’un peintreMarceline compone anche delle novelle e dei Racconti per bambini, in prosa e in versi.

La sua poesia, nonostante la scarsa cultura appresa da autodidatta, è una poesia d’avanguardia che anticipa lo stile di Verlaine e Rimbaud e che può vantare l’invenzione del metro francese ad undici sillabe e la genesi di Romances sans paroles. Non è un caso che fu grandemente stimata dai più importanti poeti e scrittori dell’epoca come lo stesso VerlaineHugo, Baudelaire, Honoré de Balzac e molti altri.

Potete trovare alcune delle sue poesie tradotte con testo originale a fronte, pubblicate dalla casa editrice La vita felice.