The divine horsemen di Maya Deren

Oggi in mediateca mi è capitato fra le mani un documentario di Maya Deren, non avevo idea di chi fosse ma già dalle prime immagini mi aveva catturato. Il documentario, con libro allegato, è The Divine Horsemen,Voodoo gods of Haiti e qui sotto potete leggere quello che ho scoperto.

maya deren

 Maya Deren (Kiev 1917 – New York 1961), ai natali Eleanora Derenkowskaia, è stata una delle più importanti ed influenti filmakers sperimentali americane degli anni ’40-’50. Oltre al cinema la Deren era anche molto altro: una coreografa, una danzatrice, una studiosa, una poetessa, una scrittrice e una fotografa. Nata da una colta famiglia ebrea di origine ucraina, proprio durante i giorni della Rivoluzione d’Ottobre, ottenne nel 1922 la cittadinanza americana, dopo esser fuggita per il timore dei genitori di rappresaglie antisemite e anti-trotskijste. Alla Syracuse University studiò giornalismo e scienze politiche, iniziò a frequentare gli ambienti socialisti e femministi negli anni ’30 e sempre a quell’epoca cominciò a entusiasmarsi con l’avanguardia americana, influenzata dal surrealismo francese. Poi si sposò con Gregory Bardacke, divenne un’attivista politica, si laureò in letteratura inglese e divorziò. Fu allora che ebbe inizio la sua carriera artistica. Inizialmente si avvicinò alla danza, che le permise di conoscere l’antropologa afro americana Katherine Dunham. La danza e i suoi simboli saranno un argomento frequente della sua cinematografia.

La prima cinepresa, una Bolex 16mm, acquistata di seconda mano agli inizi degli anni ’40 con i soldi ereditati dal padre, la usò per girare il suo primo film, Meshes of the Afternoon (1943). A questo seguirono: The Witch’s Cradle (1943), At Land (1944), A Study in Choreography for Camera (1945), Ritual in Transfigured Time (1946), The Private Life of a Cat (1947), Meditation on Violence (1948), Medusa (1949), Ensemble for Somnambulists (1951)The Very Eye of Night (1958)Season of Strangers (1959).maya deren film

The function of film like most art forms, was to create an experience; each one of her films would evoke new conclusions, lending her focus to be dynamic and always-evolving.

Ci sarebbe molto altro da dire riguardo alla sua biografia ma per problemi di spazio e di tempo salterò subito alla fine. Morì nel 1961 a seguito di un’emorragia cerebrale, probabilmente causata dallo stato di debilitazione in cui si trovava, dovute alla scarsità di denaro e alle difficoltà lavorative, e a un buon cocktail di psicofarmaci e amfetamine.


the divine horsemanDivine Horsemen: The Living Gods of Haiti (1985) è un documentario in bianco e nero sulle danze e sui rituali vudù haitiani, pubblicato postumo grazie a Teiji Ito, terzo marito della regista, e alla moglie Cherel Winett Ito. Le riprese risalgono al periodo che va dal 1947 al 1954, quando la Deren vinse una borsa di studio della Guggenheim Fellowship. Nel 1953, a riguardo aveva pubblicato presso la  Vanguard Pressil libro Divine Horsemen: The Voodoo Gods of Haiti, raccogliendo annotazioni e riflessioni, fino a costruire un vero e proprio capolavoro, tutt’ora considerato fondamentale per gli studi antropologici sui rituali vudù.

The ritualistic form treats the human being not as the source of the dramatic action, but as a somewhat depersonalized element in a dramatic whole. The intent of such depersonalization is not the deconstruction of the individual; on the contrary, it enlarges him beyond the personal dimension and frees him from the specializations and confines of personality. He becomes part of a dynamic whole which, like all such creative relationships, in turn, endow its parts with a measure of its larger meaning.

Una versione italiana del libro è stata pubblicata dal Saggiatore con il biasimabile titolo I cavalieri divini del vudù, nella collana ‘Studi sull’occulto’. Buona visione e buona lettura!